Poche volte nella mia vita lavorativa mi è capitato di non avere accesso ad internet.
È capitato in giornate di trasferta o in giornate trascorse facendo la spola da un aereoporto a un altro con la compagnia più o meno piacevole di indiani, cinesi, americani e apolidi; è capitato quando avevo qualcosa da fare, qualcosa di “strano” rispetto al solito, insomma, non avevo certo modo di annoiarmi.
E invece c’è stata una volta in cui internet è mancato mentre ero in ufficio e avevo da sbrigare la normale, tediosa e agonizzante routine quotidiana.
Un incubo.
Più del solito, intendo dire. Perché la mia routine quotidiana lavorativa prevede e, anzi, si fonda sulla presenza di una connessione internet funzionante e performante; l’entrata in ufficio equivale alla lettura delle principali notizie sportive, poi la cronaca, poi la posta.
Soddisfatta la mia sete di sapere, soddisfo la mia sete di caffè.
Torno al monitor e consulto i miei siti dall’elenco “preferiti”: giochi on-line, blog interessanti, di nuovo la posta….
Si, vabbè, dopo faccio anche qualcosa per arricchire uno strano personaggio che si aggira per l’ufficio, ma principalmente consulto il web.
Senza connessione cosa faccio?
Mi sono ritrovato ad osservare le pareti dell’ufficio, a contarne ogni singola imperfezione, ogni crepa. Devo ricordarmi di segnalare che c’è una crepa preoccupante proprio sul muro portante, ne va della sicurezza dell’intero edificio. C’è un ragno che fa capolino da un’intercapedine e forse è da lì che è uscito il topo che un mese fa si è mangiato tutti i miei cioccolatini lasciati incustoditi sulla scrivania.
Ho osservato le montagne fuori dalla finestra, le nuvole nere che le hanno avvolte e poi rilasciate nel giro di mezz’ora, il cielo, il sole, stormi di uccelli neri nel vespero migrar.
E poi?
Non ci credevo, ma mi sono ritrovato a dover lavorare per passare il tempo in attesa che un tizio con uno strano zaino pieno di attrezzi aggiustasse tutto.