Hamartia: l’errore dell’eroe tragico dettato dal difetto fatale del personaggio che causa la distruzione dello stesso.
Aristoteles, il calciatore che tutti avrebbero voluto nella loro squadra, il “pezzo da novanta” che giocherà anche “col cappotto”.
Dalla sua prima apparizione si capisce che sarà lui a dover risolvere la stagione, lui sarà il super potere dell’eroe Oronzo Canà per arrivare alla vittoria. Lui salverà la Longobarda e vendicherà tutte le angherie che l’allenatore ha dovuto subire.
Aristoteles in campo dà tutto. Lo fa per il mister, lo fa per la squadra e per ripagare il sostegno della figlia di Canà. Si fa convincere a scendere dal treno che lo avrebbe riportato a casa solo dall’affetto del suo allenatore.
Poi arriva l’ultima partita, dove la hamartia si concretizza.
Ma Aristoteles ha un difetto fatale: è ingenuo. Sa che c’è qualcosa sotto, sa che la partita è pilotata, ma lui è onesto e farà di tutto per non perdere la sua nuova famiglia.
“Me sento de jogà”.
Aristoteles vuole salvare il suo allenatore, la squadra, rimanere vicino alla sua amata.
Aristoteles va in campo e ribalta il risultato: “la Longobarda resta in serie A”.
Abbraccia la fidanzata, l’allenatore, abbraccia i tifosi. Non ha la minima idea di quello che ha appena fatto.
I suoi gol con cui pensava di aver salvato tutto ciò a cui teneva in realtà non sono altro che gli affondi decisivi per far naufragare la carriera di Canà e costringere la figlia a seguirlo e ad allontanarsi per sempre.
Aristoteles sarebbe potuto diventare un pezzo fondamentale della squadra in serie B, sarebbe rimasto con l’allenatore che lo ha lanciato e avrebbe potuto ricambiare tutto l’affetto ricevuto.
Aristoteles che vuole salvare il mondo, Aristoteles che invece lo distrugge.
Aristoteles vittima della sua hamartia.
Aristoteles eroe tragico.