Hanno rubato la buonanotte!

C’era una volta una bambina di nove anni dai bellissimi capelli biondi che amava portare sempre corti e spettinati. Per il colore dei capelli e per il fatto che sembrava sempre un po’ spelacchiata, tutti la chiamavano Pulcina.

Viveva in una piccolissima città composta da un unico lunghissimo serpentone di case tutte uguali e attaccate fra loro. Su di esse dominava l’altissimo palazzo della Grande Centrale, il luogo in cui tutti i grandi della città lavoravano.

Una sera, dopo aver cenato ed essersi lavata i denti, si mise il pigiama per andare a letto. Erano le nove in punto, il giorno dopo c’era scuola e Pulcina sapeva bene che a quell’ora si doveva filare sotto le coperte per svegliarsi riposata e non arrivare in ritardo in classe.

Così fece ed aspettò che il papà venisse a raccontarle la favola della buonanotte. Quella volta, però, lui non arrivò e Pulcina rimase fiduciosa in attesa finché non si addormentò per la stanchezza.

Il giorno dopo, quando il papà la svegliò per andare a scuola lei chiese «papà, perché ieri sera non mi hai raccontato la favola?»

«Oh, Pulcina, non avevo tempo, dovevo lavorare e… mi sono dimenticato»

Pulcina andò a scuola più stanca del solito: senza favola aveva dormito poco e male.

Quando i compagni di classe durante la ricreazione le chiesero cosa le fosse successo la sera precedente, Pulcina raccontò tutto suscitando degli “ohhh” di sorpresa.

Tra i compagni si fece avanti Lucio che disse: «anche a me è successa la stessa cosa». Silenzio. Nessuno osò aggiungere altro. Qualcuno bisbigliò al vicino e altri si scambiarono occhiate incredule. In quel momento la maestra richiamò i bambini che dovettero tornare in classe: la ricreazione era finita.

Anche quella sera per Pulcina non ci fu la favola della buonanotte, il papà non andò nella cameretta e la mattina seguente si giustificò di nuovo: «non ho avuto tempo, dovevo lavorare, mi sono proprio dimenticato».

Quando Pulcina arrivò a scuola scoprì che molti altri bambini non avevano ricevuto la buonanotte la sera precedente e addirittura il giorno seguente i bambini rimasti senza favola furono ancora di più. Pulcina durante la ricreazione salì sul tronco di un vecchio albero abbattuto e chiamò tutti i compagni intorno a sé.

«Qui sta succedendo qualcosa, qualcosa di brutto» disse.

«Dobbiamo capire perché non ci danno più la buonanotte» esclamò un bambino dal gruppo. Proprio in quel momento la maestra richiamò tutti e l’adunata finì lasciando ogni decisione in sospeso.

Quella sera Pulcina lasciò i genitori intenti al loro lavoro, si lavò i denti, ma non si mise il pigiama. Si nascose dietro una porta e osservò la stanza in cui i genitori lavoravano al computer. Poco prima delle nove, orario in cui solitamente si leggeva la favola della buonanotte, Pulcina, immobile in attesa dal suo nascondiglio, scorse degli uomini in tuta grigia che si avvicinavano alla finestra. Silenziosamente la aprirono e inserirono all’interno della stanza un tubo trasparente quasi invisibile. Quando il papà si alzò in piedi e disse «sono le nove, vado a dare la buonanotte alla mia Pulcina» il tubo ebbe un tremito, aspirò l’aria intorno e il sacco retto dagli uomini in tuta grigia si mosse freneticamente.

Subito dopo il papà di Pulcina si sedette di nuovo e disse «che strano, non ricordo perché mi sono alzato. Sarà meglio tornare al lavoro» e si rimise al computer.

Gli uomini svanirono nella notte con il sacco ancora in movimento come se contenesse qualcosa di vivo.

Il giorno seguente Pulcina chiamò di nuovo l’adunata dei bambini e rivelò quanto visto.

Lucio si alzò in piedi «stanno rubando la buonanotte! Li ho visti anch’io ieri sera»

«Cosa se ne fanno?» chiese un voce dal fondo del gruppo.

Pulcina rispose con fermezza «non lo so ma dobbiamo scoprirlo. Se non facciamo niente, non avremo più la nostra buonanotte. Niente più favole, niente più abbracci. Niente di niente. Non possiamo permetterlo.»

Qualcuno dei più piccoli scoppiò a piangere. Altri rimasero ammutoliti e spaventati.

Lucio proseguì «questa sera dobbiamo scoprire cosa stanno facendo quegli uomini e perché. Alle nove in punto io e Pulcina saremo svegli per spiarli e seguirli. Dobbiamo capire dove vanno con la nostra buonanotte!»

Grida di approvazione vennero interrotte dalla maestra che richiamava tutti a tornare nelle rispettive classi.

La sera stessa, alle nove in punto, Lucio e Pulcina erano in attesa fuori della casa di quest’ultima. un furgone bianco parcheggiò lungo la strada e ne uscirono due uomini con quelle strane tute grigie, questi si diressero verso la finestra della sala in cui il papà di Pulcina stava lavorando, la aprirono e di nuovo, con lo stesso tubo trasparente, riempirono il sacco nero che iniziò a muoversi.

«Hai visto?» – chiese allarmato Lucio – «lì dentro c’è…»

«La mia buonanotte!» lo interruppe Pulcina infuriata.

«Guarda gli altri furgoni che stanno passando, sono tutti bianchi, tutti uguali tra loro. Scommetto che stanno andando a rubare la buonanotte degli altri bambini… anche la mia!»

Lucio e Pulcina si nascosero dietro a dei cespugli e si avvicinarono ad uno dei furgoni. Non appena gli uomini lo aprirono per caricarvi il sacco nero, i due bambini ne approfittarono per intrufolarsi nel retro.

Durante il viaggio i due uomini parlavano tra loro «anche questa sera abbiamo preso tutta la buonanotte che c’era, la Grande Signora sarà soddisfatta!»

«Chi è la Grande Signora?» chiese Lucio sottovoce.

«È la padrona della Grande Centrale, dove lavorano tutti i nostri genitori. Ma ora stai zitto, vuoi farci scoprire?»

Il furgone si fermò. Pulcina e Lucio rimasero nascosti mentre gli uomini scaricavano i sacchi con dentro la buonanotte. Uscirono dopo qualche minuto, quando tutto fu tranquillo. Si ritrovarono in un enorme parcheggio, attorno a loro decine di furgoni bianchi, tutti uguali. Sullo sfondo un grande palazzo, alto fino al cielo: la Grande Centrale.

Senza farsi vedere, nascosti nell’ombra, Pulcina e Lucio entrarono dal portone lasciato socchiuso. Seguirono le voci provenienti da una porta in fondo alla sala di ingresso e di nascosto videro una signora che parlava davanti ad una folla di uomini in tuta grigia.

«Questa deve essere la Grande Signora» sussurrò Lucio.

La Signora iniziò il suo discorso «Grazie anche questa sera, col vostro prezioso lavoro abbiamo potuto raccogliere la buonanotte di oggi».

Dalla folla partì un prolungato applauso. La Grande Signora continuò: «il futuro della nostra azienda dipende da voi e dalle vostre azioni quotidiane. Abbiamo bisogno della buonanotte affinché uomini e donne lavorino incessantemente giorno e notte, senza distrazioni né pause. Non possiamo perdere tempo dormendo o dedicandoci a frivolezze, i nostri impiegati devono sempre essere efficienti alle loro postazioni, anche collegati da casa. Grazie per il vostro prezioso lavoro, presto non ci sarà più bisogno di questo grande impegno: in breve tempo nessuno ricorderà più di dover andare a dormire».

Un grande applauso invase la stanza e poco dopo tutti gli uomini in tuta uscirono.

Pulcina e Lucio rimasero nascosti senza dire una parola finché non furono soli, dopodiché Pulcina disse «hai sentito? È per questo che i nostri genitori non vengono più a farci addormentare.»

«È vero, i miei stanno tutta la notte al computer e la mattina quasi non fanno più colazione: se ne stanno sempre lì a lavorare.»

«Dobbiamo tornare a casa e parlare con tutti gli altri bambini.»

Per fortuna il paese era molto piccolo ed era difficile perdersi, così i due bambini trovarono facilmente la strada di casa e si dettero appuntamento per il giorno seguente a scuola.

Durante la ricreazione, all’adunata attorno al tronco d’albero, raccontarono quanto visto nella Grande Centrale la sera precedente.

«Non è possibile!» esclamarono alcuni in coro.

«È così!» – disse Pulcina – «osservate bene i vostri genitori cosa fanno tutta la notte.»

«È vero! Li ho visti anch’io! Stanno sempre al computer oppure al telefono! Dicono che “devono leggere le email”» disse una voce da destra.

«Restano tutta la sera davanti al computer e non parlano nemmeno!» disse un’altra voce dalla parte opposta.

«A me però hanno sempre detto che devono lavorare per potermi comprare le cose di cui ho bisogno» intervenne un bambino un po’ timoroso.

«È vero! Solo così possono comprarci i giocattoli» confermò un’altra voce che fece così sollevare grida di approvazione.

Dal fondo del gruppo si alzò un bambino, uno dei più piccoli. Un bambino che fino a quel momento era stato in silenzio ad ascoltare in disparte. Si diresse con calma, osservato da tutti, verso il tronco, vi salì sopra, qualcuno mugugnò che un bambinio così piccolo non poteva avere niente di interessante da dire in quella assemblea, Pulcina si fece da parte e lo incoraggiò. Lui iniziò a parlare.

«Bambini, ci stanno rubando la buonanotte e tutti vi siete accorti di quanto sia brutto andare a dormire senza favola o senza le canzoni. I nostri genitori vengono costretti a lavorare anche di notte. Alcuni di voi sanno che il loro lavoro ci permette di avere tante cose» – indicò i vestiti che indossava – «però dovreste pensare a quale sia il prezzo delle cose che desiderate tanto. Siete sicuri di volere giocattoli e vestiti nuovi al posto della favola e degli abbracci?»

Un brusio si alzò dal gruppo.

«Cosa possiamo fare?» chiese un voce

«Troviamo una soluzione!» disse un’altra

«Ma cosa?»

«Ho un’idea» disse Pulcina.

«Diccela!»

«È un po’ strana, è qualcosa di molto difficile. Però, secondo me, può funzionare. Dobiamo fare qualcosa che non abbiamo mai fatto prima.»

«Cosa? Cosa?»

Pulcina si guardò intorno, sapeva che stava per dire qualcosa di assurdo, qualcosa che, però, poteva funzionare davvero. E comunque, non c’erano alternative.

«Questa sera dobbiamo essere noi a dare la buonanotte ai grandi.»

«Ma cosa stai dicendo?»

«Sì, questa sera saremo noi a cantare le canzoni e raccontare le favole della buonanotte. Lo faremo mentre i nostri genitori saranno impegnati al computer, subito dopo che gli uomini con la tuta grigia se ne saranno andati.»

«Non è possibile! Sono i grandi che addormentano i bambini, non il contrario! È una pazzia.»

I bambini si guardarono l’un con l’altro, perplessi. Qualcuno scosse la testa, qualcuno stava per andarsene e qualcuno si mise a piangere.

Il piccolo bambino che aveva parlato prima, salì di nuovo sul tronco, prese la parola e col suo tono pacato cercò di sostenere l’idea di Pulcina:

«Dobbiamo provare, se i grandi si addormentano e smettono di lavorare, forse al risveglio capiranno quello che è successo. Dobbiamo fare un tentativo. La Grande Signora può anche rubare la buonanotte dei grandi, ma io ho visto quegli uomini in tuta grigia e non possono prendere quella dei bambini. Se noi dovessimo restare svegli tutta la notte, i grandi non riuscirebbero a lavorare. La Grande Signora non può prendere la nostra buonanotte.»

Un voce dal gruppo: «Non si fa così! Non si possono fare le cose al contrario!»

Il bambino insistette: «Non abbiamo alternative, volete rimanere per sempre senza la buonanotte, senza favole e canzoni? Volete addormentarvi da soli per sempre? Magari sarà anche divertente, per una volta, essere noi ad addormentare i grandi. Chissà come russano!»

Brusìo. Ora alcuni bambini sorridevano.

Pulcina li incoraggiò «Lo so che è strano, ma funzionerà.»

La sera stessa Pulcina si nascose dietro la porta in attesa che gli uomini in tuta grigia finissero il loro lavoro. Dopo che se ne furono andati, si avvicinò al papà tutto concentrato davanti al computer, si sedette accanto a lui che non si accorse di niente.

Pulcina iniziò a cantare con un filo di voce una canzone, la stessa con cui lei si era addormentata fino a pochi giorni prima. Il papà sembrava non sentire. Pulcina insistette e alzò il volume della sua voce. Lentamente il papà cominciò a faticare nel tenere gli occhi aperti, li chiuse per qualche secondo, li riaprì e poi cercò di resistere all’impulso di chiuderli ancora. La sua testa dondolava avanti e indietro. Pulcina passò a raccontare la solita favola. Poche parole dopo il classico “c’era una volta” il papà era già caduto in un sonno profondo con la testa abbandonata sulla tastiera del computer. Dormì tutta la notte in quella posizione.

Anche tutti gli altri bambini fecerò così e il risultato fu esattamente lo stesso.

Quella sera, per una volta, erano stati i bambini ad addormentare i propri genitori. I grandi al loro risveglio capirono quello che stava accadendo e decisero che non avrebbero più lavorato di sera e che in quel momento della giornata si sarebbero occupati non solo della buonanotte, ma anche di tante altre cose divertenti che non c’entravano niente con il lavoro.

Fecero anche arrestare la Grande Signora, il padre di Pulcina divenne il capo della Grande Centrale e come primo provvedimento istituì “l’ora della buonanotte” in cui i computer e i telefoni dovevano rimanere spenti e in cui gli unici suoni che si potevano udire erano le favole e le canzoni per addormentarsi.


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