È venerdì e rientro a casa con la pargola e la mia promessa di un fine settimana fatto di parco avventura, scalate, color run, film su divano e popcorn.
Lei appoggia lo zaino della scuola all’ingresso, io lancio le scarpe dove capitano, lei segue l’esempio e lancia le sue in modo che finiscano esattamente nel centro della stanza dove daranno più fastidio e saranno un pericolo mortale.
Si siede sul divano mentre io vado diretto in cucina e mi accingo a preparare la cena.
Mi chiama dall’altra stanza.
“Papà?”
“Dimmi”
“E questo cos’è?”
Brivido, terrore. Mi fiondo in sala preoccupato di cosa possa aver trovato. “Cosa?”
Tiene fra le mani un filo invisibile.
“Di chi è questo capello?”
Fingo indifferenza. “Mah. Sarà tuo, no?”
Muove il dito dell’altra mano a destra e sinistra.
“No no. Io non ho i capelli così lunghi”
“Sarà un capello della zia Sara… lei ha i capelli lunghi”
“Questo è lungo e nero, la zia ha i capelli marroni”
Cerco una via di fuga, un tuffo dalla finestra sembra l’unica opzione, ma non credo sia la scelta più saggia, dato che siamo al terzo piano.
“Magari… ecco… sono venuti dei miei amici a cena…”
“Hai degli amici con i capelli lunghi?”
“Beh… cosa c’è di male?”
Rigira il capello fra le mani. “Sono proprio lunghi per essere i capelli di un maschio. Che strano”
“Già… eh… strano… eh eh… piccola stronzetta puritana”
“Cosa hai detto?”
“Io? Niente, niente.”
“Ah, sembrava una parolaccia”
“Io?! No! Ma ti pare?” Sono riuscito a cambiare argomento. Pregusto già il sapore della vittoria e della cena che fra dieci secondi inizierà a bruciare sul fornello acceso.
Lei mette il capello sul tavolino bianco di fronte al divano in modo che risalti ancora di più “È proprio un capellone”
“Già… eh…. eh sì”
“Perché il tuo amico perde i capelli?”
“Diventerà calvo…”
“Oh povero…”
Faccio lo sguardo triste. “Già. Povero amico.”
Anche lei sembra triste.
“Però digli di smetterla di venire a lasciarci tutti i capelli qui a casa, ok?”