Dalle mie parti non si faceva altro che parlare di questo film che un tizio stava girando alle cave di marmo. Se ne sapeva poco, tranne che in molti si erano presentati per fare una comparsata e “recitare” fra i cavatori. E proprio i cavatori sono andati a fare la parte dei cavatori.
Quando è uscito il film, gli unici commenti che ho sentito sono stati “noiosissimo”.
In effetti un film “sulla vita di Michelangelo” rischia di essere molto noioso, di trattare argomenti fuori dal nostro tempo, di perdersi per strada e passare come una specie di documentario storico.
Ma siccome il 2020 non è ancora finito e ho voglia di farmi del male, eccomi pronto sul mio divano che faccio partire la Chromecast (uno dei migliori acquisti della mia vita) e mi metto comodo per la visione di “Il peccato, il furore di Michelangelo”.
Sin dai primi minuti si capisce che questo non è un film storico. L’ambientazione rinascimentale è solo un contorno alla vicenda del personaggio, Michelangelo, che si arrovella nei suoi tormenti. Da qui tutti i pareri che all’inizio mi avevano allontanato da questo film si trasformano magicamente in scorregge.
Il protagonista è una merda umana, arrogante, presuntuoso e ambizioso da fare schifo. Non sopporta l’accostamento con altri scultori contemporanei, vuole sempre e solo essere il primo e ogni volta in cui gli si presenta una scelta, fa sempre la cosa peggiore per assecondare la sua ambizione. Passa da momenti di ispirazione a scatti d’ira insensati, ha l’occasione per rimediare, per darsi una calmata e rimettersi su una strada più “retta”. Ma questo film è scritto su un arco tragico e dopo aver perso l’occasione per cancellare tutti i casini combinati, tutto andrà sempre più a puttane.
Una bella sceneggiatura in cui quasi ogni scena mostra un piccolo pezzo di quel caratteraccio che condurrà il protagonista alla rovina. Nonostante sia uno stronzo, tifiamo per lui perché vediamo la passione che ci mette in ogni cosa che fa, vediamo cosa riesce a realizzare, pezzi delle sue opere incompiute che colleghiamo al risultato finale che già conosciamo.
Quasi ogni scena… appunto. Perché ci sono effettivamente delle scene inutili che sembrano buttate lì per fare minutaggio, tipo la conquista di Urbino da parte di una specie di armata Brancaleone. Delirante.
Ah, ovviamente in questo film il Rinascimento non ha niente di patinato, non ha menestrelli, non ha abiti di raso né cortigiane mignotte; il Rinascimento è fatto di gente sporca che versa il vaso da notte dalla finestra, di vestiti di stracci e di mignotte, quelle non mancano mai.
Ma allora perché mi hanno tutti detto “fa schifo-noioso-bleah-merda-cacca”? (sì, proprio così)
Mi viene solo il dubbio che lo spettatore abituato a Fast and Furious non abbia capito bene la trama. I film storici sono noiosi per definizione e vedersi un film “sulla vita di Michelangelo” fa partire già con un pregiudizio. In realtà questo non è né un film sul Rinascimento né sulla vita di Michelangelo. Questo è un film “sui casini interiori di un tizio chiamato Michelangelo e che faceva lo scultore”.
Se la stessa storia l’avessimo applicata a Maradona, con tutte le sue debolezze, i suoi difetti e i suoi comportamenti deprecabili, sarebbe stato un successone.
Una storia fatta bene sta in piedi anche se messa in un altro contesto perché qui si parla di animo umano e l’animo umano fa schifo sia nel Rinascimento che negli anni 90 di Maradona o nel 2020 di un qualsiasi altro calciatore a caso. L’animo umano fa schifo in ogni cosa che facciamo.
Ecco, hanno sbagliato l’ambientazione, ci vorrebbe adesso un regista che proponesse esattamente la stessa storia ma con protagonista uno sportivo o una modella in costante competizione con gli altri.
Funzionerebbe, stavolta.