Intervista a un albero millenario

Nel parco di una villa vicino a un lago mi imbatto in una albero grande. Ma proprio grande. Cioè uno di quelli che non sono alberi grandi normali, sono alberi proprio grandi enormi.

Di fronte a questo albero così grande ed enorme di quelli che proprio nemmeno stanno nella foto, ognuno di noi non può far altro che domandarsi cosa sta pensando un albero così grande e così vecchio a proposito della vita, l’universo e, ovviamente, tutto quanto.

Ed è così che per soddisfare questa genuina curiosità non vedo alternative a sedermi di fronte all’albero e intervistarlo per rendere finalmente questo servizio al mondo intero.

L’intervista all’albero millenario

Mi accomodo a pochi metri dall’albero, preparo il taccuino su cui annoterò le risposte, mi tolgo gli occhiali da sole per rispetto. Quando si parla sarebbe bene guardarsi negli occhi. L’albero non ha occhi, o almeno io non li trovo. Rimetto gli occhiali da sole per evitare l’imbarazzo di dover chiedere all’albero dove sono i suoi occhi.

L’albero è visibilmente emozionato da questo momento storico in cui finalmente qualcuno lo intervista per scoprire tutti i suoi segreti e conoscere le sue opinioni. Infatti se ne sta fermo, immobile. Non muove nemmeno una foglia, nemmeno il più fine dei rametti si sposta di un centimetro.

Lo rassicuro. “Stia tranquillo signor albero, alla fine è solo una chiaccherata.”

Ma l’albero sarà un maschio o una femmina? E se invece non volesse essere identificato in nessun genere e ora io lo avessi offeso/a/ə ? Rischio di aver mandato in vacca tutta l’intervista e così aver privato il genere umano di una fonte di conoscenza inestimabile.

L’albero non si muove, allora non l’ho offeso, anzi sicuramente è a suo agio grazie alle mie rassicurazioni. Infatti non si muove, resta fermo, tranquillo in attesa delle mie domande.
Da quanto è grosso il tronco deve trattarsi di un albero di anche più di mille anni. Questa sarà proprio la mia prima domanda.

“Signor albero, intanto grazie per essere qui.”

L’albero annuisce senza muoversi. Mi pare di scorgere un ramo in una leggera flessione in avanti. Sorrido compiaciuto.

“Tutti i fan del mio blog, e si parla di un sacco di persone che sono destinate a diventare un sacco di sacchi quando sarò famoso e un sacco di sacchi sono davvero tante persone, si chiedono cosa provi un albero della sua età ad avere un’età come la sua.”

L’albero non risponde. Forse ho fatto una gaffe.

“Beh, io non intendo dire che lei, signor albero, sia vecchio, naturalmente. Io volevo solo dire che i miei fan ammirano la sua… ehm, come dire… longevità.”

L’albero muove un ramo e due foglie svolazzano a terra.

“Bene. Credo che dovremmo passare a un’altra domanda. Dunque… lei è davvero un grande albero, nel senso che mostra una stazza imponente. Cosa si prova ad avere questa presenza così importante?”
Le foglie dell’albero frusciano.

“Signor albero, non vorrei aver toccato un tasto dolente. Io intendevo dire che lei ha una presenza molto importante, sarà alto almeno 30 metri e largo 5, ma per nulla al mondo mi sognerei di fare del bodyshaming sul suo conto. Lei è bellissimo così com’è e non sarà certo qualche centimetro di corteccia in più a offuscare tutta la bellezza che lei ha dentro.”

Un uccello si posa su di un ramo, zampetta e poi decolla di nuovo. L’albero resta fermo e non risponde.

“Mi sembra tutto molto chiaro. Mi permetta di porle l’ultima domanda, nella speranza che lei si senta di rispondere. Naturalmente non la sto accusando di praticare uno stile di vita poco sano né sto cercando di spronarla ad andare contro la sua natura, ci mancherebbe, ognuno di noi è unico e nessuno ha il diritto di dire agli altri come dovrebbe comportarsi, ma le vorrei chiedere se non le manca un po’ di movimento. Sa, per mille anni sempre nel solito posto, con la stessa gente, gli stessi alberi, lo stesso paesaggio e la stessa terra. Non sente il bisogno di qualcosa di diverso? Oh, non che ci sia niente di male nel mettere radici dove si è nati.”

L’albero continua a non rispondere.

Mi casca l’occhio su un cartellino giallo impiantato nel terreno in cui è scritto che quest’albero è originario del Belgio orientale ed è stato trasferito qui nel giardino del Conte nel 1883 per volere della contessa. Ho fatto un’altra gaffe, potrà mai perdonarmela?
Un ramo dell’albero mi pare stia scricchiolando e altre due foglie svolazzano via e si perdono in mezzo agli alberi vicini.

Il nostro imbarazzo è evidente, questo è un ospite difficile da trattare, non ero preparato a tutto questo.

Un cigolio alle mie spalle attira la mia attenzione. Il giardiniere della tenuta spinge una carriola in cui tiene i suoi attrezzi da giardinaggio. Chi meglio di lui può spiegarmi come trattare con quest’albero?

“Ehm, signor giardiniere?”
Si toglie la sigaretta di bocca, espira una nuvola di fumo e strizza gli occhi per mettermi a fuoco. “Giardiniere?”
“Beh… sì, come la devo chiamare?”
“No, no, giardiniere va benissimo.”
“Magari preferisce ingegnere del verde?”
“Meglio giardiniere, si fidi.”
Sorrido. “Grazie. Senta, signor grass & green manager, io stavo intervistando il signor albero qui alle mie spalle e ho notato una certa freddezza nei miei confronti.”
Lui alza gli occhi verso la cima dell’albero, rimette la sigaretta in bocca e si aggiusta la visiera del cappello. “Quell’albero lì?”
“Sì. Ecco… come posso spiegarmi per farmi capire… non che lei non sia in grado di comprendere, ci mancherebbe, ma non semplice spiegare il cul de sac in cui ci troviamo con la nostra intervista.”
Il cut and seed grass manager si gratta la testa perplesso. “Di quale culo sta parlando? Sente io non ho mica tempo da perdere…”
“Oh no, nessuna allusione sessuale o anatomica e nessuna allusione discriminatoria nei suoi confronti!”
“Cioè lei mi sta dando del culattone?”
“Ci mancherebbe! Assolutamente no! Anche se, per quanto mi riguarda, a me non interessa, anzi ognuno ha le sue preferenze e non sta a me giudicarle lei può essere quello che vuole, si goda la sua vita e ne faccia ciò che vuole.”
“Allora, perché mi ha chiamato? Cosa vuole?”
Indico l’albero alle mie spalle. “Come le stavo dicendo, avrei bisogno della sua esperienza di branch manager per capire il motivo per cui quest’albero non risponde alle mie domande. Si sarà mica offeso?”
L’uomo si toglie il cappello e si gratta la testa ricoperta di capelli bianchi spettinati. “L’albero offeso? Le sue domande? Ma lo sa quanti anni ha quest’albero?”
“Beh, almeno un migliaio. Con tutto il rispetto per l’età che, si sa, è un valore aggiunto in fatto di esperienza e saggezza.”
“Ecco. Un migliaio di anni. E secondo lei, un essere vivente che si preoccupa delle offese, delle sue domande e di tutte le cazzate che sta dicendo, potrà mai vivere mille anni?

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